Prologo
Alla stazione dei treni di Mestre, alle 6 del mattino, c’è aria di tristezza ed emarginazione. Barboni dormono nei cartoni. Li trovi anche in bagno che sciacquano pentole e bicchieri. Il bar è deserto ma la massiccia presenza di personale prefigura un imminente arrivo di clientela. Mi prendo un caffè e mi scaldo un po’ col tepore del locale.
Su dei tavolini del McDonald, sembra sia stato convocato il consiglio di quartiere del sultananto di Mestre. Una quindicina di africani con il cappello a tronco di cono con fiocchetto, che sembrano i classici facchini degli hotel dei film, fanno colazione assieme, discutendo ordinatamente e a bassa voce. Hanno tuniche tradizionali ben stirate e pulite. Ai piedi ciabatte comode di seta con la punta. Questo dovrebbe essere il vestito della festa. Un colpo d’occhio molto particolare, vederli da fuori, sotto l’insegna del McDonald.
Di tipi strani, comunque, ce ne sono. Una brasiliana, di quelle d’aspetto nordico , con occhi e capelli chiari, magrissima, sui 40 anni, chiede informazioni a tutti, spaesata, come se l’avessero lasciata lì in stazione stamattina dicendole di correre. E’ alla sua prima maratona, anche se conosce bene l’ambiente sportivo. E’ talmente gracile che sembra resistere alla brezza del mattino solo grazie al peso delle scarpe da ginnastica.
Chi si fa notare di più, comunque, è un britannico, forse scozzese, a giudicare dai lineamenti. Nonostante gli 8 gradi, girava con le ciabattine di pelle da salotto, pantaloni balneari dal ginocchi e maglietta con la pubblicità di qualche negozio britannico.
Non mostra una gran fisico da atleta, anzi, sembra aver fatto colazione con un paio di pinte di Guinnes. Difficile pensare che possa arrivare in laguna senza che una pattuglia non lo fermi per verificare lo stato alcolemico. Mi segno il suo numero, per controllare come andrà la gara, per curiosità. Alla fine poco meno di 5 ore. Complimenti a lui e al suo fegato.
Tra i palazzi si intravede un’alba luminosa, con soffici nubi colorate d’arancio.
Preparazione
Si comincia bene: l’autobus che ci porta a Strà si ferma con le porte proprio di fronte a me. Per la prima volta nella mia esperienza veneziana riuscirò ad arrivare alla partenza comodamente seduto.
Il terreno è abbastanza asciutto, non piove, non fa eccessivamente freddo … riesco a cambiarmi con calma e a mangiare qualche biscotto. Trovo due compagni di squadra, uno che cerca da un pezzo di scendere sotto le tre ore, l’altro con una marcia di 10 secondi migliore della mia. Farò corsa solitaria.
Entro in gabbia e comincio l’attesa. Dall’altra parte del Brenta passano i top runners. Prima le donne, poi gli uomini. Fa impressione vederli dal vivo, la velocità cui viaggiano, l’agilità del passo … ed è solo il riscaldamento!
In gara
La posizione in gabbia è pessima. Devo impostare le traiettorie per aggirare i gruppi numerosi percorrendo anche qualche metro in più o sconfinando nell’erba. In futuro dovrò decidermi a prendere posizione più avanti. Credo di aver fatto il primo Km a 5’30″/Km.
Prima o poi voglio capire cos’è che modifica la percezione del tempo. La fatica o la tensione? Meglio distrarsi chiaccherando o restare concentrati? Le mie esperienze fino ad ora sono le più varie, non so cos’è la scelta migliore. In questa occasione credo di essere stato rilassato ma concentrato. Al Km 10 supero la muraglia dei pace maker delle 3h40′. Poco prima del 15 quelli delle 3h30′. Psicologicamente è un passo importante, perchè mi ritrovo davanti campo quasi libero e la possibilità di scegliere traiettoria e ritmo. Il rifornimento dei 15 Km è all’esterno di un curvone molto largo. Troppa strada, troppa confusione e non ho sete. Decido di saltare il rifornimento e faccio bene. Il clima è ottimo fino a metà gara, poi il caldo si farà sentire. A mezzogiorno la temperatura ha oltrepassato i 20 gradi.
Passo alla mezza maratona con 100 minuti e 46 secondi. Sono un po’ sorpreso, ho recuperato tutto il tempo perso in partenza e sono in anticipo rispetto la media programmata. Mi incoraggia ancor di più il fatto di sentirmi fisicamente molto bene. Mi sento davvero in perfetta forma. Tanto che il petrolchimico con la sua la desolata distesa di condotti, camini e cisterne, a guardarla bene ha il suo fascino futurista e post moderno. E’ proprio vero che quando si è di buon umore tutto sembra più bello.
Terminate le raffinerie si torna a vedere volti umani ai lati della strada, prima Marghera, poi Mestre. Al sottopassaggio della stazione mi rendo conto che si entra nel vivo e comincio a caricarmi. “Ci siamo, ci siamo”, ripeto, so di stare bene e non vedo l’ora di affrontare i tratti impegnativi.
Dopo 4 Km per le vie di Mestre affollate di gente e ravvivate da gruppi musicali arriva finalmente il ponte del parco di San Giuliano. Lo temevo, perchè è la prima difficoltà dopo quasi 30 Km e ha un notevole dislivello. Lo affronto con cautela e sulla sommità mi trovo talmente bene che faccio la discesa volando. Comincio a soffrire, invece, sulla prima salitina del parco, meno ripida ma più lunga del ponte. Stavolta affronto la discesa recuperando e godendomi lo spettacolo di Venezia che galleggia a pelo d’acqua. Comincia da adesso la parte che rende unica questa maratona. La salitina prima del km 30 segna il momento più difficile. Faccio un buon rifornimento camminando.
Qualche km passa a 5 minuti al Km, però dopo il cavalcavia che immette nel lunghissimo ponte della Libertà ritrovo coraggio e buona forma e abbasso i tempi di una decina di secondi. Per la prima volta questo ponte non mi crea fastidi. Resta la parte peggiore della gara, dal punto di vista emotivo, ma sapere di averla superata indenni è motivo di incoraggiamento. Il mio momento di difficoltà si è limitato tra i km 29 e 33.
Zigzagando tra le viuzze dell’autorità marittima scorgo una maglia della mia squadra. Un compagno, con un personale sotto le tre ore, in tremenda crisi. Ho tempo solo per scambiare due parole. Dopo il 39esimo cominciano i 14 micidiali ponti distribuiti negli ultimi 3 Km. Faccio il primo Km come se stessi facendo una ripetuta, galvanizzato come un bambino. Negli altri due pago caro l’aver dato via libera alle gambe e l’aver spento il cervello.
Arrivato alla punta della dogana sono curioso di vedere il discusso “Bambino con la rana“. Arrivando dalle fondamenta, però c’è una sorpresa: non è possibile osservare l’espressione di infantile meraviglia del bimbo che osserva un ranocchio, visto che è rivolto verso il mare. Si possono osservare solo le chiappe del fanciullo di marmo. Per di più la statua è protetta dal vetro, sporcato dagli spruzzi delle onde del mare. Non è una gran trovata posizionarla lì.
Il ponte sul canal grande permette un colpo d’occhio impagabile. Scendendo si plana tra la folla. I ponti si sussuegono con frequenza sempre crescente. La pavimentazione mossa dalle radici degli alberi è un pericolo ad ogni passo. Però il traguardo è vicino, si vedono gli alberi del parco, dove c’è l’arrivo. Che come sempre è un sollievo.
Vedo 3h25′ sul tabellone. Il tempo reale sarà di 3h23’10”.
Bene, molto bene. Oltre le previsioni. Tutti i dettagli che potevano incidere (clima, alimentazione, temperatura, …) sono stati favorevoli. Le incognite hanno rivelato un valore positivo quasi sempre. Mi appaga il fatto che il tempo mostri ampiamente i miglioramenti fatti a livello di prestazione, perchè in allenamento non sembravano così confortanti. Ci sono 9 minuti di meno. Considerata la difficoltà del percorso, valgono davvero tanto. Sono soddisfatto. Tutto ciò mi da lo stimolo per continuare ad allenarmi. Speriamo in futuro di trovare il tempo per fare i lunghi …
Ritorno
Fa così caldo che non serve coprisrsi, resto in pantaloncini e maglietta. Saluto i compagni di squadra, tutti poco soddisfatti del loro tempo. Non è bello essere i soli a gioire. Mi siedo al parco con un bel piattone di pasta. Di fronte a me un ragazzo, alto e magro, raggiante. Mi chiede come è andata. Esprimo la mia soddisfazione, chiaccheriamo un po’. Si vede che è felice e ha voglia di parlare. Mi dice che ha fatto il suo personale. Anch’io, che ti credi … Ha fatto 2 e 42. Niente male davvero. E’ così giovane che tra qualche anno sarà sicuramente a grandi livelli nazionali. Sono riuscito a capire come si chiama, dalla classifica. Quel nome me lo segno.
E’ bello arrivare assieme ai bravini: più spettatori lungo il percorso, meno folla all’arrivo e nei mezzi di trasporto. Quello sportivo, come è giusto che sia, è un ambiente elitario. Più prestante sei, meglio sei trattato …
Tornando in traghetto si vedono coloro che terminano in 4h15-4h30 nelle fondamenta del canale della Giudecca. Non vien per niente voglia di essere nei loro panni. Penso a quand’ero tra loro, a quanto soffrivo per lo scarso allenamento.
L’ultimo scatto della giornata me lo regala trenitalia. Arrivo in stazione a Mestre giusto 5 minuti prima che il treno parta. Faccio il biglietto e in quel momento arriva il mio treno in secondo binario. Scendo le scale del sottopasso di corsa, affronto le scale in salita divertito dal fatto che riesco a farle di correndo . Anche se i passeggeri stanno ancora scendendo, completo la scalinata più velocemente che posso e mi vien quasi da ridere. C’è ancora adrenalina in giro per le vene.
Oltre ai complimenti per l’ottima prestazione ( magari ci arrivassi io a 3 h 23 ! ) te li faccio per lo splendido racconto frutto di una dote descrittiva non comune, hai saputo coinvolgere il lettore coniugando sapientemente parole ed emozioni. Bravissimo.
3:23 a Venezia vale un 3:20 a Firenze, gran bel racconto, colorato del contorno e non solo della corsa…ricordo anch’io quando finivo in 4:15….tempacci.. finirla in 45 minutidi meno, sembra di far metà fatica.
complimenti!