E’ andata. E’ arrivato il risultato a cui pensavo da un paio di anni: completare una maratona in meno di 3 ore non era un obiettivo da raggiungere a tutti i costi o entro una certa data. Il vero obiettivo è sempre rimasto divertirmi, stare in salute e cercare di migliorarmi. Però ottenere questo risultato è molto appagante. Ho vissuto la gara con meno coinvolgimento emotivo rispetto ad altre edizioni. Ero più teso e meno entusiasta. Probabilmente perchè sapevo di essere in forma, le condizioni meteo erano perfette, il percorso scorrevole e quindi non volevo perdere l’opportunità di fermare il cronometro prima di vedere un 3 in alto a sinistra.
La giornata comincia col piacere di non vedere l’asfalto bagnato. Dopo la sveglia delle 5:30 mi sono cambiato e sono salito in auto. Alle 6:05 ero comodamente seduto in autobus a far colazione con fette biscottate e acqua, mentre ascoltavo la solita playlist. Mi alzo sempre presto in occasione delle maratone, per poter mangiare almeno tre ore prima del via e prepararmi con calma.
Arrivati a Vittorio Veneto bevo del the caldo e comincio un po’ di stretching leggero mentre un pallido sole fa breccia tra le nubi, che col passare del tempo, però, si infittiscono. Nel parcheggio sotterraneo sfrutto le sedie messe a disposizione dall’organizzazione per cambiarmi comodamente. Per la seconda volta correrò la maratona con le Diadora Samurai III. Alla fine non mi causeranno nessun problema ai piedi. Evento raro. La scelta dell’abbigliamento è stata azzeccata: cosciali (i pantaloncini corti nel caso di pioggia assorboo più acqua), maglia a maniche corte con sopra canottiera della società.
Alle 8:30 sono pronto per il riscaldamento: 5 minuti di corsa lenta, poi 3 allunghi da 150 metri in leggera salita. Qui incontro Said Boudalia, non sapevo che fosse in gara. Va troppo forte per provare a scambiar due chiacchere e chiedergli se vuole arrivare o fa la lepre. Scoprirò alla fine che quest’ultimo sarà il suo compito.
Il suo fisico è impressionante. E’ filiforme. Un suo polpaccio potrebbe stare dentro una lattina. Uno potrebbe pensare che abbia bisogno di un ricostituente e invece è tra i migliori maratoneti italiani in attività.
Faccio stretching, qualche altro allungo per tenermi caldo, saluto un paio di compagni di squadra e alle 9:15 entro in gabbia. Prendo una buona posizione. Sbircio i top runners per dare un volto a nomi che leggo nelle classifiche. Quest’anno, però, non c’è grande qualità. I due keniani, l’islandese e lo statunitense sono fuori portata per tutti gli altri. Boudalia non arriverà a Treviso e così il quarto e primo degli italiani avrà un tempo di 2h33′.
Dopo la solita, interminabile attesa, si parte. Lungo tutto il primo Km c’è folla alle transenne. 4 minuti davvero molto coinvolgenti. Il primo km passa in 4’17”, il secondo 3″ in meno. Non è male. Dopo il centro di Vittorio Veneto la strada si allarga e trovo più spazio per fare il mio ritmo. Complice la leggera discesa accelero: 4’02” il terzo km. Decido di controllarmi, ma più di tanto non ci riesco. Resto appena sotto il passo di 4’10″/Km fino alla curva a destra verso Conegliano, dove finisce la discesa assieme al dodicesimo km. Fino ad ora sono stato abbastanza coperto, passando da un gruppetto all’altro. Ho tirato solo per un kilometrino, quando non sentivo vento, per andare a raggiungere un gruppetto. Fino ad ora mi sento bene, ma mi rendo conto di essere al limite. Da Conegliano, a parte un breve tratto di discesa riprendo a viaggiare al ritmo prestabilito. Prima di Susegana la strada compie l’unico tratto di salita: 1 Km all’1%. Me ne accorgo solo dai tempi, quel km perdo 5″. Ritorno ad accelerare dopo Susegana fino a Ponte della Priula. Alla mezza passo in 1h28’02”, sono 2 minuti sotto le 3 ore. Km dopo Km ho contato una trentina di secondi di vantaggio rispetto alla media di 4’10″/Km. Sono in linea col finale di 2h56″, esattamento come da programmi. Me ne rendo conto. Mi sento bene, la frequenza cardiaca è sotto controllo anche se sempre al limite. Sono fiducioso.
Continuo col passo giusto. Il passaggio nel centro di Spresiano (km 29) è coinvolgente e mi porta ad accelerare sia la velocità che la frequenza cardiaca: arrivo ai 170 bpm. Al km 30 incontro un compagno di squadra (fuori gara) che attende altri amici per scortarli. Scambiamo due parole, sto ancora bene. Prima di Villorba (km 35) arriva il primo momento di stanchezza. Faccio un km in 4’17” e uno in 4’19”. Me ne rendo conto, interrompo il rallentamento per due Km, forse grazie ad un ristoro arrivato al punto giusto. Lo sforzo, però mi porta a 173 bpm, ampiamente oltre soglia. Ed infatti non resisto a lungo.
Dal km 38, mollo, arriva un 4’21”. In pochi km perdo completamente il vantaggio di 30 secondi accumulato nella prima metà gara. Per qualche attimo ho il timore di perdere negli ultimi 20′ di gara l’obiettivo delle 3 ore. Però sono ancora lucido, a differenza di altre maratone, e facendo due calcoli mi rendo conto che non corro pericoli se resto sotto i 4’45″/Km. Vengo sorpassato da diversi atleti in questa fase. Faccio segnare un 4’26” e un 4’28” al 41esimo proprio di fronte a Porta San Tommaso. C’è parecchia gente e l’incitamento gioca a mio favore. Si entra in città, e nonostante il pavè e la salita, cerco di finire in crescendo. 4’12” l’ultimo km. Recupero una posizione negli ultimi 200 metri (é sempre una soddisfazione). Allungo leggermente nel rettilineo finale per avere la sicurezza di terminare sotto le 2h58′. Tempo finale ufficiale: 2h 57′ 53″, quello reale ha 11 secondi in meno.
Nei primi minuti l’unica soddisfazione è la sicurezza che sia tutto finito. Delle simpatiche e premurose signorine mi medagliano, recuperano il chip dal mio pettorale e mi coprono con un telo di plastica. Mi sembra di essere un paziente anestetizzato durante una operazione chirurgica. Con l’unica differenza che riesco a ringraziarle. Le gambe sono dure. Ho raggiunto prima il limte muscolarmente che fisiologicamente. Mi fa piacere essere stato “lontano dal muro”.
La mancanza di tenuta negli ultimi 4 km può assere dovuta ad almeno tre cause:
– lo stop di 10 giorni per la nascita di mia figlia
– la stanchezza per aver corso l’ultimo lungo a velocità sostenuta solo 10 giorni prima della maratona per recuperare i 10 giorni di stop
– il riposo limitato di sabato notte sempre a causa dell’ultima arrivata in famiglia
– i primi 10 km in leggera discesa
Non sono in grado di far prevalere una causa sull’altra, o escluderne qualcuna. Dal punto di vista tecnico mi fa piacere che non ci sia stata difficoltà “organica”. Significa che dai vari test eseguiti le settimane precedenti avevo ricavato il passo giusto per la gara (o quasi). Due minuti esatti di differenza tra prima e seconda metà gara possono essere solo parzialmente giustificati dalla prima parte in leggera discesa, ma evidenziano comunque un problema di tenuta, che pensavo di avere attenuato aumentando il kilometraggio settimanale.
Mi fa piacere che gli ultimi allenamenti e la gara siano stati influenzati e mescolati agli impegni della genitorialità. Sono contento che mia figlia, che il giorno della gara aveva 25 giorni, sia stata così presente in questa mia esperienza.