La mia mezza di Mirano è stata condizionata da un malessere che ha cominciato a manifestarsi venerdì. Non avevo sintomi particolarmenti acuti, ma diversi “fastidi”. Nonostante la mia temperatura corporea rimanesse sotto i 37°C sentivo il dolore ai reni che mi viene con la febbre, un forte senso di stanchezza, mal di testa, dolore in zona cervicale, un leggero mal di gola e del fastidio quando deglutivo. Per di più mi sembrava di esser aumentato di peso senza un motivo fondato (ritenzione idrica per qualche infiammazione?). Sembra impossibile non rendersi conto di stare male con tutte queste evidenze, eppure la voglia di gareggiare mi ha portato dapprima a giustificare il malessere, poi a sperare che una bella dormita sabato sera mi avrebbe fatto passare tutto, infine a sperare che non potesse influire nella prestazione, semmai nel recupero successivo.
Alle 7:30 sono a Mirano. Fatico ancora a toccarmi la punta dei piedi, ancora quel fastidio ai reni … Eppure muscolarmente mi sento pronto e riposato. Ho scaricato bene e mi sembra di non risentire del duro allenamento di martedì. Prendo un po’ di fiducia e decido di non essere attendista ma di provare a fare il mio ritmo. La partenza è molto confusa e come sempre mi accade rimango imbottigliato e devo rimontare. Il primo km passa in 3’50″/Km e sembra uno slalom gigante senza neve. Ma perchè la gente che corre a 5′-6’/Km vuole partire sul nastro di partenza? Rischiano di essere travolti! Dal secondo km comincia a fare il ritmo pianificato: 3’40″/Km.
Rimonto il gruppetto con Silvia Serafini, la seconda delle donne. Rimango un po’ con loro, a 50 metri c’è la prima donna: Giovanno Pizzato. Più avanti vedo la testa della corsa. Quest’anno non c’è nessuno in grado di andare sotto l’ora e dieci. Sembrano molto vicini. Se mi aggrego al gruppo della Pizzato sono tra i primi 10 della generale. Decido di provarci dopo che il gruppetto di cui faccio parte sembra voler rallentare e rinunciare all’inseguimento. Raggiungo la Pizzato al km 6. Siamo in 4, con un quinto atleta pochi metri davanti a noi che dopo poco raggiungeremo. Poco prima del km 10 un paio di atleti mollano di poco, ma il ristoro ci fa ricompattare.
La Pizzato e l’atleta che abbiamo recuperato si accordano sul ritmo: 3’45″/Km fino alla fine, non hanno voglia di strafare. Per lei è solo un allenamento. I due che si erano staccati in precedenza mollano ancora. Poco dopo, al km 12, cedo anch’io, di schianto. Mi sento terribilmente stanco alla schiena, gambe e fiato ci sarebbero, ma sono senza forza. Ho una sete terribile, mi berrei un ettolitro di acqua ghiacciata. Sogno un massaggio alla schiena. Crollo in maniera progressiva: 3’53”-3’57”-4’04”-4’15”. Mi supera una manciata di atleti e cerco di prenderli come riferimento, ma dal 18esimo peggioro ancora: 4’19″/Km, 4’29″/Km e poi gran sprint finale: 4’24”-4’13″/Km. Al ristoro c’è solo una bevanda di Herbalife dolciastra e calda.
Resta un grosso rammarico, visto che col tempo dello scorso anno potevo ambire all’ottavo posto. Nonostante il gran numero di partecipanti, la competitività era davvero bassa: si vinceva con 1h14′. Ormai la gente che va davvero forte preferisce le non competitive che con due euro di iscrizione hanno un montepremi più ricco delle Fidal che costano 16 euro agli atleti.
A questo punto spero di tornare in salute al più presto e di riprendere la preparazione per la Venicemarathon. Alla maratonina di San Martino, fra un mese, potrò avere l’occasione per il riscatto.