Che giornata, domenica! Dal punto di vista scenografico non si poteva chiedere di meglio.
La riviera del brenta col sole basso, cielo limpido, gli argini verdissimi, la strada senza auto, Villa Pisani in tutta la sua maestosità… e poi, strada facendo, i centri affollati di gente, chi cerca qualcuno in particolare, chi fa il tifo per tutti, giovani mamme che si godono il sole con i neonati in braccio, anziane che si affacciano a guardare dalla finestra dal piano superiore e con una mano continuano a girare il mestolo nella pentola sul fuoco.
Poi gli sbandieratori in centro a Mira, gruppi musicali che suonano a palla nelle piazzette. Tanti bambini, alcuni con una bandiera italiana in mano che danno il cinque. A Mestre ci si tuffa nella folla e sembra di entrare in una sala dove é in corso una festa. Poco dopo, la planata nel parco di San Giuliano e ancora tifo e applausi.
I campanili della laguna visti dalla collinetta, lontani, ancora tremendamente troppo lontani. Bisogna ancora soffrire sul ponte della Libertà e sui maledetti cavalcavia che lo aprono e chiudono, per mettere finalmente i piedi in acqua dopo il primo ponte alle fondamenta delle Zattere. Siamo a Venezia e la marea sta salendo.
Sulla Giudecca non c’è il chiasso di Piazza San Marco, solo il ruomore degli spruzzi se la giornata é ventosa e l’odore del mare. Slalom tra le maestose colonne di punta della dogana e poi giù gli occhi, guarda dove metti i piedi! Solo dopo aver superato l’insidiosa rampa che porta al ponte di barche si può alzare lo sguardo … c’é il campanile di San Marco, lo riconosci subito, ma quello che impressiona é palazzo Ducale. Uno spettacolo!
Nelle rare giornate limpide, come oggi, sembra vicino, sembra una cartolina, sembra galleggiare sulle sue sottilissime colonne, sembra impossibile che non affondi. Sembra assurdo che qualcuno abbia portato tutta quella pietra qui, abbia speso soldi e tempo per costruire a pelo d’acqua una cosa così fragile e così di valore. Abbagliato da questo splendore riesco a capire e giustificare il senso di superiorità e di cordiale strafottenza che hanno i Veneziani di laguna che conosco.
Cento metri e sei in piazza San Marco. Un’asola del percorso da l’opportunità di godersi tutti i lati della piazza e corerre con la Basilica in fronte. Piedi in acqua anche in piazza, e poi gli ultimi ponti fino al sospirato arrivo. Ho terminato 8 edizioni della Maratona di Venezia, mi é sempre piaciuta, ma mai come questa volta c’è stato un sovrapporsi di condizioni favorevoli che mi ha permesso di godermi ogni singolo passo.
In gara mi sono divertito un sacco. Faccio un veloce riscaldamento con i compagni di squadra. Dopo due mesi di allenamenti in compagnia, dopo aver condiviso km, suggerimenti, preoccupazioni e scherzi, guardarsi negli occhi per dirsi “in bocca al lupo” ha un sapore particolare. Fa capire che ci siamo, tocca a noi. Come in una scena di un western di Sergio Leone, con un pezzo di Morricone in sottofondo.
La colonna sonora della partenza, invece, é l’inno d’Italia, 30 secondi prima del via, che mi fa accaponare la pelle e aprezzare il fatto di avere gli occhiali da sole. Parto al ritmo giusto, mi sembra di stare bene e per i primi 6 Km me ne sto coperto a viaggiare attorno i 3’50″/Km. Purtroppo alla sera lo scarico dei dati del Garmin andrà in fumo per chissà quali motivi, quindi non ho la possibilità di fare analisi dettagliate. La splendida giornata ispira le imprese ardite. Già comincio ad assaporare il colpaccio di un 2h43′ e non mi rendo conto che anche se il clima é bello ed é fresco, il vento é contrario e spesso é teso.Dal sesto Km il gruppetto in cui mi trovo si sfascia. Alcuni accelerano per raggiungere il gruppo davanti, altri rallentano perché hanno già tirato troppo. Io resto uguale e mi trovo con altri due che mi stanno dietro. Raggiungo Luigi del Buono, che procede molto piano. Non me l’aspettavo di vederlo qui.
Resto al vento fino al km 19. Dietro di me un francese con cui farò gara parallela fino allo sprint vincente all’arrivo, e un Israeliano, bravo a gestirsi, che mi darà più di due minuti nei km finali. Ad un ristoro, che io ho saltato per scelto mi ha offerto l’acqua. Un gesto che ho apprezzato, come se volesse sdebitarsi del lavoro che stavo facendo a suo vantaggio. Al Km 19, dopo qualche bella tirata, coi miei baldi seguaci raggiungo un bel gruppone che viaggia tra i 3’50″/Km e i 4’/Km. E’ il mio passo, devo stare coperto almeno fino al parco.
Dopo solo un km, però, vedo che ci affianca l’auto con un cronometro sul tetto. E’ la testa della corsa femminile. Sono partite pianizzimo e adesso sono in progressione. Attorno alle donne una nuvola di atleti. Il mio gruppo rallenta un po, probabilmente le aspetta e in molti stanno decidendo cosa fare. Dopo un po’ di esitazione decido di saltare sul treno delle due ragazze etiopi. Questo mi fa guadagnare due minuti di diretta Rai e un passaggio alla mezza di 1h21′. Ho ben presente di stare esagerando, ma voglio provarci, me la sento di provare. Ricordo di aver visto superare i 170 battiti, ma appna cercavo di rilassarmi per fargli scendere perdevo contatto e dovevo riaccelerare. Al km 22 non ne potevo più e mi stacco. La stanchezza si fa sentire.
I sottopassi a Mestre mi fanno capire che non ne ho più e devo risparmiarmi al massimo, ma sono solo il preludio alle 3 salite killer: Ponte di San Giuliano, collinetta del parco e Cavalcavia verso il ponte della Libertà. Per fortuna c’è un gran tifo, soprattutto per Virginio Trentin che mi segue a ruota, però sul ponte che Collega Venezia col resto del mondo si é in compagnia solo del vento. TDS mi dirà di aver fatto a 4’03″/Km i 5 Km dal parco a metà ponte della Libertà e a 4’07” i successivi 5 Km.
Sento perdere contatto Trentin, raggiungo una lepre tiope che cammina. Sono stremato e procedo pianissimo sul cavalcavia sia in salita che in discesa. E’ il km 40, la resa dei conti. Capisco che non ce n’è per il personale e per la prima volta in vita mia provo un gel che mi ero portato dietro. Voglio vedere se lo reggo o se mi fa male, per esperienza per le prossime volte. Al rifornimento c’é una etiope che cammina. Scoppiata! Ma farà in tempo ad arrivare seconda lo stesso. Proprio in quel momento mi supera Del Buono. Non é freschissimo, ma comunque sta molto meglio di me.
Giro con le mie gambe di legno in costante rallentamento. Faccio gli ultimi 2 Km a 4’42″/Km. E’ qui che perdo i 25 secondi che non mi hanno permesso di fare il personale. Sarebbe stato sufficente stare sotto i 4’30″/Km. Niente di impossibile, senza i ponti e le difficoltà di Venezia. Mi son goduto da matti questo ultimo tratto: lo spettacolo di Venezia, mia moglie, le bambine, mio fratello con la famiglia, i miei genitori, tutti in piazza San Marco! E poi Max che caccia un urlo che da più forza del gel.
Coraggio, che questi metri decideranno la classifica! L’inglese con la maglia a strisce bianche e blù non riesco a prenderlo, é sempre stato 100 metri aventi a me, si merita di finire davanti. E’ stato al vento anche lui tutto il tempo. Il veneziano che ho di fianco, invece, continua a cercare di resistere ma si vede che fra poco scoppierà. Ha tirato per tutta la giudecca perché lo seguiva il motoscafo con la sua famiglia e il cartello “Forza papà!”. Ora non ne può più. Ad insidiarmi é il francese in maglia gialla. Lo vedo con la coda dell’occhio, so che aspetta l’ultimo ponte ma qui lo frego. Conosco il percorso e so che dalla discesa dell’ultimo ponte posso arrivare al traguardo praticamente in apnea. Rallento in salita e poi sparo tutto quello che ho. Non c’é reazione, il distacco aumenta e arrivo sul traguardo a 3’30″/Km. Vedo il 2h48′ sul tabellone e un po’ mi dispiace. Una bella stretta di mano col francese, e complimenti reciproci.
Bevo un litro tra acqua e integratori, mi faccio fare un ottimo massaggio che mi rimette a nuovo e poi dalle bambine, per un pomeriggio a spasso per Venezia.
Tempo finale: 2h48’10”, 28″ peggio del mio personale. 40esimo assoluto. Nonostante il calo non ho mai perso posizioni nei rilevamenti ogni 5 Km. 17esimo della categoria SM35.
Ho rischiato, consapevole di poterla pagare cara, é stato elettrizzante! Ho gestito il momento di difficoltà salvando il salvabile. Porto a casa un buon tempo e tanta, tanta, tanta voglia di rivincita. Non vedo l’ora di ricominciare!
Classifica, foto e video.