[comodi … é lungo]
Tra tutti gli scenari di gara che potevo immaginare per domenica scorsa, non avrei mai potuto pensare a quello che effettivamente é successo. E’ talmente imprevisto e non catalogabile che non riesco a dare un giudizio obiettivo. Se la metrica é il risultato cronometrico, l’esito non é affato soddisfacente. Però non posso dare un giudizio negativo di una maratona che ho concluso col sorriso e un gran senso di soddisfazione.
Per mesi mi sono allenato preparazione con un obiettivo un risultato numerico. In gara invece ho preferito viverla da protagonista, spendendo con generosità i frutti degli allenamenti, finche ne avevo.
Le 2 ore e 40′ restano un mio obiettivo, già dalla prossima maratona. Non ci rinuncio e non mi arrendo. Però non rinuncerò nemmeno a godermi le occasioni che la sorte mi permette di vivere da protagonista.
Domenica era una giornata perfetta. Mi sentivo in forma e riposato. Clima buono, quasi ideale. La logistica alla partenza era ottima. Mi metteva a mio agio. Ho potuto fare gli esercizi di stretching dinamico in un luogo deserto, al coperto, in assoluta tranquillità e con la giusta concentrazione. Odio sentire la gente che parla di corsa prima della gara. Ho percorso 3 km di riscaldamento in stradine tranquille e in parte lungo l’argine deserto del Monticano.
Alla partenza trovo Enrico e Maurizio. Il primo ha intenzione di tenere la mia stessa andatura, potrebbe essere un valido aiuto. Mi saluta anche Leonardo De Toni, con cui ho percorso un buon pezzo della Venicemarathon cinque mesi fa. Puntiamo allo stesso obiettivo, anche da lui potrebbe arrivare una interessante collaborazione.
Fin dalla partenza ho avuto buonissime sensazioni. Le gambe girano facili e devo controllarmi per non esagerare. Al primo km vedo con piacere mio papà che mi chiama a bordo strada. Che sorpresa! Non me l’aspettavo proprio. Il gruppo si sgrana a poco a poco. Per un po’ seguo un tipo vestito di nero. Non mi sembra avere un gran fisico da maratoneta, potrebbe essere uno della staffetta. Lo mollo quasi subito perchè va troppo forte. Rallento per farmi prendere da un gruppetto abbastanza numeroso. C’è l’auto battistrada per cui capisco che c’è anche la prima donna. Mi sistemo al riparo dal vento.
Dal terzo km la Slovena Vrajic cambia passo. Nessuno davanti si muove e lei guadagna subito un paio di metri. Esco dalla pancia del gruppetto e provo ad andare a prenderla, ma dopo due minuti mi rendo conto che va troppo forte e cerco un ritmo più sostenibile. A quel punto mi giro e vedo che mi sta seguendo un’altra donna. Immagino che confidasse nel mio aiuto per andare a predere la croata. Per correttezza le dico: “Va troppo forte non ce la faccio a prenderla”. Insomma, se ti interessa la vittoria mi spiace ma ti devi arrangiare. Capisco che é straniera da come mi risponde “Lei troppo forte. Io 2 e 40 per Olimpiadi”.
Urka. Mi sembra di capire che cerca il minimo per le olimpiadi! Un obiettivo nobile. E’ anche l’obiettivo cronometrico che mi propongo. Si può fare. Le dico che provo a tenere 3’47″/Km. Va bene a me e va bene a lei. Vedo che dietro c’è Leonardo. Gli altri, al momento in fila indiana, ben presto si staccheranno. Dopo un po’ ci affianca Migidio Bourifa passeggero di una moto dell’organizzazione. Cura i Top Runner per conto dell’organizzazione. Urla “Forza Simona, cerca appoggio, cerca appoggio!”. “L’ha trovato, si!” penso. Ma non ho il coraggio di dirlo. Massimo rispetto per un pluricampione d’Italia. Ogni 15-20 minuti faceva il suo giretto per vedere la situazione, ma non l’ho più sentito parlare.
L’atleta che é con me (scoprirò dopo) si chiama Simona Staicu, nata in romania e poi diventata ungherese. E’ stata campionessa del mondo sui 3000 m juniores, olimpionica nel 2004 ad Atene. Ha un personale in maratona di 2h29′. L’anno scorso ha fatto il record femminile alla Pistoia-Abetone. Essere una atleta professionista nella Romania di trent’anni fa non deve essere stato una botta di salute. Però se si ritrova ad una olimpiade a 45 anni e ha avuto due figli probabilmente non ha subitole brutte esperienze di altri atleti dell’est di quegli anni.
Non sapevo ancora niente di tutto ciò. Pensavo solo a fare il ritmo per una atleta alla quale l’anagrafe concedeva una ultima possibilità di partecipare ad una olimpiade. La sentivo respirare forte e la vedevo stretta sulle spalle con le braccia chiuse. Mi sembrava un po’ in difficoltà. Ma sbagliavo.
Dopo il traguardo abbiamo parlato a lungo. Mi ha spiegato che aveva già il minimo per partecipare, ma era un po’ vecchio e la federazione le chiedeva di confermarlo per portarla a Rio. Sicuramente alle Olimpiadi ci sarebbe andata anche senza il mio supporto, ma voi fate finta di non saperlo e reggetemi il gioco quando tra vent’anni racconterò per la millesima volta ai nipotini che avrò la gioia di avere “di quella volta che tuo nonno aiutò una atleta ungherese ad andare alle olimpiadi” 🙂
Per i primi 10 km mi sento molto in controllo. Media di 3’47″/Km spaccata. Fatico il giusto, anche se la frequenza cardiaca si avvicina qualche volta alla “zona rossa” dei 165 bpm. La Staicu mi segue sempre e Leonardo si mantiene dietro di lei. Qualche volta lo cerco con lo sguardo. Poco dopo il km 9 mi raggiunge Enrico. E’ stato di parola, é partito lentamente e adesso sta facendo un buon ritmo. Mi dice di accodarmi. Per un km abbondante gli sto dietro. Si sta decisamente bene dietro una lepre. Mi capita poche volte purtroppo. Credo sia dovuto soprattutto ad un fattore “neuro-psicologico”. Si corre più rilassati con meno controllo. Enrico ha una buona gamba e tende a tenere il ritmo col quale ci ha raggiunto, un poco troppo veloce. Gli dico che se gli fa piacere aiutarci può fare 5-10″ al km in meno e così rallenta un po. Poco dopo però ritorna ad un ritmo più elevato. Capisco che punta un atleta che ci ha appena superato. Dopo aver avvertito chi mi segue, mi stacco da lui. E’ giusto che faccia la sua gara. Il percorso fino a qui mi piace. Non é per niente veloce perchè ci sono numerosi piccoli cambiamenti di pendenza che rompono il ritmo, oltre alla boa al km 9.3. Dal km 15 in poi ci sono almeno 4 o 5 cavalcavia o sottopassi e 2 o 3 salitelle su argini di fiumi o raccordi stradali che soffro parecchio.Dal km 17 a al 24 posso giovarmi di una leggera discesa, che non fa mai male.
I secondi 20 km sono ancora di perfezione svizzera: 3’47″/Km. Passo alla mezza maratona in 1h19’59” secondo i cronometri dell’organizzazione. Uffa, ho sbagliato di un secondo … Sto ancora bene e i km passano veloci. Sono ottimista. Ogni tanto mi giro e la Staicu mi dice che va bene. Non perde occasione di ringraziarmi. Alla mezza si era d’accordo di fare un check per capire che fare. Mi dice che per lei va bene questo ritmo, non vuole aumentare. In un paio di occasioni mi tocca la scarpa. Soffoco le parole che l’istinto mi mette nei polmoni e accetto di buon grado le sue scuse. Leonardo non sembra avere intenzione di collaborare. Ogni tanto mi chiedo se aspetta la mezza o i trenta km. Al posto suo mi sentirei un po’ a disagio. Mi é capitato di stare in gruppo senza tirare ma ero sempre al limite.
Al km 21 sfondo i 165 bpm. Per me é un segnale importante. Nei miei piani questo momento doveva arrivare dopo 25 km. L’esperienza mi ha sempre dimostrato questo. Capisco che ci sarà da soffrire, anche se mi sembra ancora di stare bene. Tanto che poco dopo faccio il km più veloce della gara: 3’43″/Km. Mi alimento con un gel.
Poco dopo raggiungiamo Enrico. Si sta avvicinando ai 30 km, che per lui significa fine dell’allenamento. Ci fa ancora un po’ di strada, poi si accoda e poco dopo si stacca.
Esattamente al km 27 vivo il momento più emozionante ed inatteso della giornata. Mi sembra di riconoscere una chiesa verso la quale ci stiamo avvicinando. Mi sembra di essere già stato qui. Poi penso alla mappa del percorso che avevo visto. Mi viene in mente il nome di un paese: Mareno di Piave. Faccio qualche associazione mentale, con la poca lucidità di quel momento. Mi torna quasi tutto. Se é giusto quello che penso dietro quelle case a sinistra dovrei vedere il posto dove ho salutato Simone per l’ultima volta. Il cimitero infatti é proprio li. Lo riconosco, anche se ci sono stato una volta sola, il 12 aprile di due anni fa. Era una splendida giornata primaverile. Una di quelle giornate che rende più piacevole qualsiasi cosa. Perfino un funerale.
E’ stato bellissimo ritrovare amici da tutto il Veneto con cui ho diviso aule studio, pranzi in mensa, un appartamento, storie inverosimili, confidenze inconfessabili, pedalate notturne per una Padova deserta, in cerca di avventure, di amicizie e di una birra. Piano piano ci siamo laureati tutti e ci siamo persi di vista. Non siamo mai riusciti a trovare un motivo per rivederci. Tutti indaffarati con le proprie storie. Solo per Simone ce l’abbiamo fatta. Ma nemmeno in questa occasione siamo riusciti a stare seri. E’ così strano trovarsi con gli occhi lucidi e non sapere se é per la commozione o per le risate. Simone aveva la passione per la montagna. E’ scivolato mentre saliva da solo una cima delle alpi Apuane, in Toscana. La sua foto sorridente a fianco dell’articolo non mi ha nemmeno lasciato la speranza che fosse un omonimo. Ho avuto la fortuna di poter godere della sua compagnia per quattro anni.
Mi ci vuole un po’ a superare questo momento surreale. Anche per il terzo tratto da 10 km la media é di 3’47″/Km. I primi 3 parziali di 10 km sono di 37’54”, 37’45” e 38’02”. Solo 17″ di differenza. Non male. Dal km 31 la storia cambia. Facciamo un km in 3’55” per problemi con l’acqua al rifornimento. In seguito non riusciamo a riprendere il ritmo di prima. Dal km 32 comincia una leggera salita, in media dello 0.4% ma con un po’ di variazioni di pendenza e qualche sottopasso o cavalcavia.
Faccio in testa anche il km 33 con un passo molto lento: 4’03”. Mi spremo ancora per 2 km, poi mi passa la Staicu. Resto in coda qualche centinaio di metri poi mollo sia lei che Leonardo, che le é a fianco, appena appena dietro di lei. Sembra stia bene. Mangio le pastiglie di Enervit che mi sono portato. Senza molta speranza, tanto per non lasciare nente di intentato. Mi da fiducia il fatto che superiamo Georg Brunner, top runner altesino abbastanza noto. Ha mollato qualche km fa. Ora sembra corricchiare tranquillo verso il traguardo.
Rallento progressivamente fino al 4’16” del km 39 e poi, poco dopo il km 39esimo in pochi secondi decido di mollare e cammino. Lo so che bastava stringere i denti per 15 minuti e tutto sarebbe finito, ma non mi sembrava fosse rimasto più niente per cui soffrire. Non avrei centrato l’obiettivo di 2h40′ e nemmeno il personale. Poi Temevo le difficoltà dell’ultimo km, in salità sul pavè. Mi avrebbe dato fastidio camminare proprio lì in mezzo al pubblico.
Mi supera solo un inglese, che mi soffierà il terzo posto di categoria. Dopo 500 metri (quasi 4′) di nordic walking riprendo la corsa. Mi godo quel che posso nell’ultimo km, senza guardare il cronometro. Sento l’incitamento di mio papà all’ultima curva ma non ho la forza di girare il collo o fare un cenno. Taglio il traguardo soddisfatto, senza nemmeno guardare cosa dice il cronometro. Solo dopo un’oretta il sito della Sdam ufficializzerà il tempo di 2h46’14”, 17sima posizione generale e quarto di categoria.
Uscendo vedo Simona Staicu, la saluto e le chiedo informazioni. Parla abbastanza bene l’italiano. Probabilmente per le sue origini rumene, scoprirò dopo. Parliamo a lungo sotto gli occhi del suo marito-allenatore ungherese che ci guarda in silenzio e probabilmente non capisce una parola. Mi spiega che é soddifatta del suo 2h43′ e che pensa proprio che sarà sufficente per andare a Rio. Mi imbarazzo un po’ per l’insistenza dei sui ringraziamenti. Le auguro buona fortuna e vado a farmi togliere il chip sulla scarpa. Svuoto una bottiglietta d’acqua in un attimo e ne prendo subito un’altra.
Vedo Leonardo seduto e vado a scambiare due chiacchere. Non mi ricordo di cosa abbiamo parlato. So di aver pensato che aveva fatto una corsa molto astuta aprofittando di quello di cui poteva aprofittare senza regalare niente. Questo mi aiuterà la prossima volta in cui correremo insieme. Mi trovo più a mio agio quando mi sento in credito che quando mi sento in debito. Trovo i miei compagni di squadra. Mi fa piacere vederli. Tutti soddisfatti e sorridenti. Ci vuole mezz’ora per rivedere i reduci dalla maratona, e vedo che sono soddisfatti anche loro. Siamo proprio una bella squadra!
Oggi doveva correre anche Loris e sono sicuro che dopo la sua gara avrebbe atteso il mio arrivo. Per questo appena recuperato il telefono ci tengo ad informarlo per primo con un messaggio. Ma non faccio in tempo, perchè vedo che mi ha già chiamato 🙂
Passo a vedere le premiazioni e poi ritorno dalla squadra. Due piatti di pasta e fagioli, una birra, frutta, due yogurt due chiacchere ed é già ora di tornare.