E’ stato bello dopo due anni, tornare sulle strade della Venicemarathon. Mi mancava tutto questo. Venezia si é mostrata al meglio. Non si poteva chiedere di più al meteo: sole e fresco. C’era il vento, é vero, a tratti pure molto forte, ma se non c’è vento, c’è nebbia. Quindi é meglio così.

Per quanto riguarda la mia prestazione, non é affatto andata come speravo. Sono rimasto coperto in un gruppetto fino a metà gara. Non ho avuto grossi problemi, ma fin dal mattino sentivo le gambe poco pimpanti. Intorno al km 10 mi sembra anche di essermi svegliato un pochino ma é durato poco. Sono partito alla media prevista, forse solo un pochino troppo forte tra il km 4 e il settimo. In quel punto il gruppetto in cui ero si é spezzato in due e io ho scelto di restare in quello più lento. Per il resto sono rimasto nel range di tempi che mi ero prefissato: tra 4’10” e 4’15” al km. Per quasi tutta la prima metà ho avuto anche la piacevole compagnia di Francesco, un compagno di squadra. Già al terzo km ero sopra i 161 bpm e al 15esimo viaggiavo a 166. E’ ovvio, guardando questi dati ora che stavo spendendo troppo per quella velocità, anche se non mi sembrava di fare troppa fatica. Nei 30 km di medio a ritmo gara avevo raggiunto i 160 solo dopo 22 km. Era un segnale importante che ho sottovalutato in quel momento. Ad un certo punto me ne ero accorto, ma ci ho dato poco peso.

Dopo il passaggio della mezza mi sono reso conto che rischiavo grosso a continuare a seguire il gruppetto da 4’15″/Km. Ho sentito le gambe completamente vuote. Era dalla partenza che mi scappava la pipì e visto che si entrava ormai in città ho pensato di fare questa piccola sosta prima di trovarmi tra la gente. Sono ripartito proprio quando passavano i palloncini delle 3 ore e mi sono aggregato. Dopo un km però ho dovuto mollare. Mi sembrava di avere la forza, ma non la benzina. Durante la gara ho mangiato tavolette di sali e zuccheri, non ero in crisi di fame. Il ritmo degradava di km in km. Ogni limite obiettivo di passo che mi sembrava sostenibile diventava troppo duro qualche minuto dopo. In questa situazione non ho deciso di non guardare più l’orologio e di godermi questo viaggio a Venezia, senza curarmi del tempo finale. A Mestre, prima del parco, decido di fermarmi per togliere quel fastidioso sassolino nella scarpa sinistra. Con un po’ di sorpresa scopro che non c’è nessun sassolino, ma ho una piccola vescica. Stringo le scarpe più strette e non lo sentirò più. Correndo male ho stressato molto le gambe, già stanche, in fase eccentrica. Mi é tornato il fastidio ai posteriori della coscia. Mi sono fermato spesso, soprattutto sul ponte della Libertà per fare un po’ di stretching. Arrivato in laguna Venezia é ancora più bella. Cammino molto, soprattutto sui primi ponti. Nel finale, invece, la folla mi da la forza per finire con una corsa dignitosa. Il tempo finale é di 3h20’47”. Le gambe bruciano, ma non mi sento particolarmente stanco.

I motivi di questo risultato

Un risultato deludente come questo era tra le possibilità, non é proprio una sorpresa. I motivi, secondo il mio punto di vista, si possono trovare su due livelli: uno a breve termine e uno a lungo termine. Comincio con il primo. Nell’ultima settimana ho avuto poco tempo per correre. Un imprevisto in famiglia mi ha tenuto spesso impegnato. A questo si é sommato lo stress di un momento lavorativo particolarmente intenso. Questi due fattori potrebbero avere influito nel senso di stanchezza generale e nel recupero dopo la mezza maratona e i 30 km a ritmo gara. Nell’ultimo allenamento di giovedì sera ho avvertito la stessa fatica di domenica. Se é vero che nella settimana prima della maratona bisogna ridurre il chilometraggio, é vero anche che non bisogna fermarsi quasi del tutto. Ancor di più, come nel mio caso, quando si la forma é in progressione. C’è bisogno di una continuità dello stimolo. Solo dopo un gran carico prolungato nel tempo l’abbondante riposo fa riacquistare brillantezza.

Ci si sente molto piccoli in questo scenario

Guardando indietro nel tempo, la preparazione alla maratona aveva numerose lacune. Il picco di forma alla mezza di Treviso le aveva in parte nascoste, facendomi sperare che per qualche strana ragione non contassero più. Dopo l’estate sono partito quasi da zero. Prima della pausa estiva non avevo accumulato molti km. Ho dovuto riprendere correndo 40 km a settimana a 5’/Km di media. In sole due occasioni ho superato i 100 km settimanali. Dovrebbe essere una abitudine. Per quanto riguarda la velocità, non sono riuscito a toccare i 3’30″/km anche nelle ripetute brevi. La colpa é soprattutto della mancanza di forza. Ho una lunghezza del passo molto più breve rispetto al passato. Il miglioramento nella cadenza non é sufficente per recuperare questo gap. Non avendo un elevato range di velocità a disposizione mi sono trovato con velocità di picco, velocità di mezza e velocità di maratona molto vicine. Sapevo, quindi, che eccedere di pochissimo nella velocità ha conseguenze molto evidenti. L’exploit alla mezza di Treviso é stata una bella sorpresa, ma mi ha indotto a decidere di tenere un passo rischioso. Come spesso succede in maratona, chi osa paga. Forse questa volta valeva la pena tentare il bottino grosso, visto che non avevo molto da perdere, ma deve servire di lezione.

A mente fredda credo che se fossi stato in condizioni fisiche ottime come alla Mezza di Treviso, l’obiettivo di 3h poteva essere acquisito. Vedendo la preparazione nel suo insieme, però, partire con un passo da 4’30” per puntare a 3h10′ sarebbe stata la soluzione ottimale.

Dati relativi alla prima metà gara: ritmo 4’11″/Km con 161 bpm medi. Cadenza di 178 ppm medi al 50% e 204 ms al suolo. Lunghezza del passo: 1,34 m. In seguito é stato un continuo alterare di corsa e camminata.

Statistiche

E’ stata la mia 32esima maratona, la 13esima a Venezia. La prima maratona che corro in più di tre ore dal 2011 (3h04’30” alla Maratona della Castellana). Il peggior risultato dal 2009 (3h25’16” alla Venicemarathon). Il tempo medio di tutte le mie maratone sale a 3h25′.

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