E’ andata anche questa. Ho completato la mia trentatreesima maratona, la diciassettesima a Treviso. Mi sono guadagnato la carica di “senatore” per un altro anno. Questo era il mio primo obiettivo.
E’ stata una bella giornata, un po’ troppo calda per ottimizzare la prestazione, ma perfetta per chi aveva in programma qualche tratto di cammino. Ho sentito il calore del pubblico, che negli anni prima della pandemia era un po’ mancato a Treviso. I partecipanti sono stati al minimo storico, spero che la manifestazione si riprenda e ritorni tra gli obiettivi dei podisti locali. Quest’anno ci sono state premiazioni abbondanti anche tra i master, che negli anni scorsi erano trascurati. Mi sembra una mossa intelligente per far tornare amatori di buon livello. Quest’anno si arrivava ai piedi del podio con 2h45′.
Sono arrivato di buon ora e ho fatto una lunga passeggiata dal parcheggio al Sile. Percorendo qualche tratto dell’ultimo Km mi sono chiesto in quali condizioni ci sarei tornato tra quattro ore. Mi sono accampato in un posticino tranquillo, al sole, per eseguire pochi esercizi di mobilità. Ero vicino alla zona dei top runners. Ho visto all’interno Luigi Del Buono e la sua compagna Denise Tappatà, che vincerà la gara femminile. Luigi non correrà la gara ma farà assistenza lungo il percorso.
Non mi sento in formissima. Sono assonnato e imballato. Sono rimasto a riposo due giorni, sperando di recuperare energie. Ho scelto delle scarpe ultraprotettive e pesanti, le Diadora Mythos Blueshield. Sono quelle che ho usato di più e mi danno più garanzia. Sabato avevo provato a calzare le Adidas Adios 6, ma avevo la sensazione di avere un sasso sotto al piede che soffre di metatarsalgia. Ho preferito l’opzione più conservativa.
Sono curioso di provare a correre. Mi sento un po’ legato, spero di sciogliermi. Alla partenza ho il posto d’onore assieme agli altri senatori, subito dopo i top runners. Il sindaco fa il suo show, é la tassa da pagare. Prima della partenza arriva la delegazione Ucraina di giovanissimi atleti che sono ospitati ad Oderzo. Ad occhio dovrebbero avere meno di 20 anni. Ci sono due ragazzi e una decina di ragazze. Viene un brivido a pensare quello che hanno lasciato. Una calda giornata di sole e una festa di sport é il nostro benvenuto in Italia. Sembrano a disagio nell’essere al centro dell’attenzione, ma dimostrano apprezzamento coi loro sorrisi.
Senza neanche l’inno nazionale e senza tante cerimonie, viene dato il via. Si farà il giro della città nei primi 5 km. Classico giro di Treviso, che affronto più veloce del previsto. Uscito dalla città mi metto in assetto. Rimango con comodo sotto i 4’40″/Km. La frequenza cardiaca é quella del lento, tutto sotto controllo, però so che non durerà per molto. Non svolgo allenamenti di durata da inizio gennaio. Ai ristori bevo camminando e rifiato. Dopo 12 Km lo scenario é propizio per una breve una sosta tecnica a bordo strada. Perdo in questo modo qualche decina di secondi che mi fanno quasi ricongiungere col gruppo delle 3h15′. Mi lascio recuperare dopo un km per aprofittare della compagnia. In gruppo si sta bene, però il ritmo non sarà di certo meno veloce di prima.
Poco prima del ponte sul Sile di Casale il gruppo si sfalda un po’. Qualcuno cede, qualcuno si ferma per le soste fisiologiche. Io perdo un po’ di sicurezza perchè sento che la stanchezza aumenta. Ho appena superato i 25 km e sono già soddisfatto perchè ne avevo fatto al massimo 20 negli ultimi 3 mesi. Vorrei arrivare a 30, ma dopo aver attraversato Casale, il lungo rettilineo di fronte a me mi fa perdere coraggio. Un km mi sembra una eternità e decido di camminare subito dopo aver tagliato il km 29.
Questi 29 km non sono stati per niente male, se considero il mio allenamento. Passo medio di 4’39″/Km, compresa qualche sosta. Ottimo bilanciamento e contatto al suolo. E’ stato un buon allenamento. La mia corsa oggi finisce qui. Ora si tratta solo di arrivare al traguardo per “timbrare il cartellino“.
Dopo il ponte avevo cominciato a correre male, trascinando le gambe e appoggiando di tallone. Rischio di farmi male e sarebbe molto stupido visto che anche mezz’ora di differenza del crono finale non mi cambierebbe molto. Mi fermo su un guard rail e mi tolgo la scarpa sinistra per vedere se quello che sento pungere é un sasso. La mia esperienza mi dice che é praticamente impossibile che sia un sasso. Di solito sono vesciche o calzini messi male, e così é infatti. Mi risistemo e riprendo camminando. Alterno corsa e camminata senza badare molto a come alternarli. Tengo il riferimento di qualche atleta che procede in modo lento. Lo recupero correndo e poi mi faccio superare quando cammino.
Le gambe protestano a Sant Antonino quando bisogna fare una serpentina per imboccare un ponte pedonale. Il tratto lungo il sile é suggestivo e rilassante. Da Silea si entra in restera per gli ultimi km. Ricompare il pubblico, quasi tutti presenti per caso, disinteressati dalla corsa, ma divertiti e parftecipi nell’incitare. Cammino abbondantemente per arrivare meno stanco possibile negli ultimi 500 metri, che correrò in leggera progressione.
Ho la sensazione di aver svolto il mio compito. La soddisfazione é quella tipica di un buon allenamento. Mi sono divertito per aver aver passato una giornata all’aperto con un clima fanstastico. Il tempo finale é di qualche secondo sotto le 3h45′. Poteva essere 15′ in più o in meno, non sarebbe cambiato niente.
Questa maratona é un piatto senza un ingrediente. Ha un sapore strano, sento che manca qualcosa. Credo manchino i mesi di preparazione. Che vada bene o male, una maratona é il risultato di un lungo viaggio. La focalizzazione su una data per molto tempo crea attesa, e quando quella data arriva si ha l’impressione di essere al centro della propria storia personale.
Non voglio essere frainteso, é stata una giornata bellissima e la rifarei ancora se mi trovassi in quella situazione. Però si può far di meglio. Ci vorrebbe solo un po’ di infortuni in meno, visto che la voglia ancora non manca.