Nelle ultime decine di anni si sono sviluppati metodi economici e poco invasivi per misurare due grandezze legate agli sport di resistenza.
Per prima é stata la volta della soglia anaerobica. Attraverso la misura dell’acidità del sangue si otteneva una stima del lattato prodotto ad una certa andatura. Convenzionalmente la soglia era posta densità di lattato di 4 mMoli per litro di sangue. Punto oltre il quale il corpo on riesce a smaltirlo e quindi tende ad accumularlo, portando al degrado della prestazione.
In seguito é toccato al VO2max, cioè la velocità massima di consumo di ossigeno da parte dei muscoli. E’ stata una grandezza di moda per molto tempo.
Da quando ho preso come riferimento il libro di Steve Magness (The Science of Running: How to find your limit and train to maximize your performance) ho cominciato a trascurare la misura della soglia anaerobica tramite il test di Conconi, che ero abituato a fare periodicamente. Prima di tutto perchè la metodologia si basava su procedure che non lo utilizzavano. In secondo luogo perchè il margine di errore nella misura era talmente ampio da poter giustificare molte interpretazioni e molte previsioni. C’era sempre la possibilità che un atteggiamento, una speranza o una convinzione al momento del calcolo mi portasse ad interpretarlo in modo ad essa favorevole. Questo é il classico comportamento in cui chi cerca di applicare un metodo scientifico dovrebbe cercare di non cadere.
Proprio oggi una interessante newsletter di Orlando Pizzolato riassume una anno di sue ricerche personali che hanno messo in dubbio le sue convinzioni, con le quali si é allenato da atleta e ha allenato molti amatori in seguito. Alcuni scienziati con cui é in contatto sono giunti alla conclusione che la soglia anaerobica semplicemente “non esiste”. Ci sono molti fattori che portano all’acidità del sangue e questa non é strettaente correlata al meccanismo anaerobico di produzione dell”energia. Davvero ammirevole il suo coraggio di cambiare direzione dopo tanti anni.
Per quanto riguarda il VO2max, invece, ho letto un bel capitolo molto convincente nel libro già citato. Sembra che questa misura (certamente scientifica) non sia correlabile alla prestazione, ma sia uno dei tanti valori che descrivono il modo molto personale che ciascun atleta ha di massimizzare la produzione di energià. Non per tutti gli atleti avere una VO2max può essere la soluzione migliore. Le gare di fondo e mezzo fondo, ciclismo, sci nordico, e simili non sono quasi mai vinti da chi ha il maggior VO2max misurato.
Mi conforta molto che anche Pizzolato con la sua enorme esperienza sia sensibile a queste novità.