Negli ultimi sei mesi ho seguito una decina di lezioni di yoga. Non ho cercato questo incontro, diciamo che era a portata e, incuriosito, ho voluto provare. Ho avuto una esperienza sufficente solo ad intuire la vastità di questo mondo e le mille possibilità di contaminazione e di interpretazione che può avere. Ho alternato due insegnanti, quanto basta per comprendere che la guida é importante, se non fondamentale, per indirizzare l’attività.
La variante che mi é stato proposto é lo “yoga dinamico”, che credo sia classificato in questo modo perchè esiste una versione più spirituale e meditativa. Leggendolo coi miei occhi da occidentale, non condizionato da precedenti esperienze con discipline orientali, lo descriverei come una sequenza di esercizi di stretching, potenziamento a corpo libero e propriocettività. Spesso questi elementi sono combinati.
Gli elementi caratteristici dei miei allenamenti di stretching e core training sono: il numero di ripetizioni, la durata, il recupero, l’intensità. Gli esercizi sono classificati e hanno uno scopo funzionale locale (singolo muscolo, singola abilità). Nello yoga le ripetizioni sono rare, l’elemento fondamentale é il passaggio da una posizione all’altra. Non ci sono pause vere e proprie ma momenti di passaggio. E’ una esplorazione del rapporto del nostro corpo con lo spazio attorno. Spesso gli esercizi richiedono un certo equilibrio che mi porta l’attenzione e la consapevolezza esclusivamente su ciò che si sta facendo. Questo stimola anche una ricerca di equilibrio interiore. Per molti esercizi c’è una interpretazione più interiore e personale. La classica posizione “a candela” dovebbe portare il rumore della nostra mente per terra e innalzare al cielo i piedi e quindi la fisicità, quello che ci permette di camminare. Il piegamento sull’anca che io chiamerei “stretching degli ischiocrurali” é un tuffo nel mare in cui si viene invitati a sentire l’elemento acqua. Ogni posizione del proprio corpo ha anche una interpretazione che porta ad uno stimolo mentale, una riflessione o una focalizzazione della attenzione. Non sorprende questo atteggiamento da parte di una civiltà che considera ogni elemento col suo complementare.
Recentemente anche il modello sportivo occidentale sta puntando molto su aspetti mentali, soprattutto per la concentrazione e la sopportazione della fatica. Basti pensare all sessioni di “visualizzazione” a cui si sottopongono diversi atleti elite e alla conferma scientifica dell’efficacia sulla performance del “pensiero positivo”, della fiducia in se stessi e della certezza di aver successo.
Con parole meno tecniche direi che l’allenamento a cui sono abituato e lo yoga raccontano storie diverse con lo stesso linguaggio. Da una parte una storia descrittiva, ripetitiva, modulare. Dall’altra una storia evocativa, un passaggio. Il linguaggio del corpoo, però non cambia: l’affondo, la panca piana, piegamenti sulle varie articolazioni, le variazioni e il numero degli appoggi …
Gli ultimi 10 minuti sono riservati ad un graduale rilassamento e di altrettanto graduale “risveglio”. Anche questa parte la sento molto efficace.
In conclusione direi che queste sedute sono una valida alternativa a quelle che già faccio in autonomia di core training e stretching. Alla fine in entrambi i casi lavoro di addominali, dorsali e quadricipiti. Il vantaggio é che faccio qualcosa di diverso da ciò che sono abituato. Io tendo a ripetere sempre gli stessi esercizi, sono molto abitudinario, quindi essere guidato una volta a settimana su schemi diversi mi porta a coprire qualche laguna.