Lunedì é morto Ennio Morricone. Milioni di persone, in tutto il mondo sono state profondamente toccate dalla sua arte. Tra questa folla ci sono anch’io. La colonna sonora della “Trilogia del dollaro” é stata la colonna sonora di qualche mia maratona. Almeno in 2-3 occasione ho trascorso un paio di ore prima della gara con quella musica alle orecchie. Guardavo sorgere il sole e animarsi le piazze, mentre ero isolato da quel muro sonoro che mi metteva i brivi. Molti di quei pezzi sono perennemente nella playlist che l’autoradio casualmente sceglie. Sono anche nel mio pc di lavoro, assieme ad alcuni selezionatissimi gruppi. Sono necessari in quelle situazioni in cui mi devo isolare per cercare la concentrazione.
La sua musica evoca le scene di duello, di spazi immensi, l’attesa per il momento decisivo. La vivo come un conto alla rovescia verso una guerra che si sta inseguendo da tanto e che fra poco avrà inizio. Un dolce tentativo di prolungare un equilibrio che si sta per rompere. Non riuscirei a separarla dai film di Leone, perchè anche quelle immagini esprimono la stessa cosa.
Questa musica mi va talmente in profondità che non riesco a non pormi delle domande. La prima é: “ma forse non sto esagerando?“. Ha senso tutta quersta pelle d’oca, tutto questo impegno, tutto questo entusiasmo per una prestazione sportiva del tutto insignificante? La risposta potrebbe essere molto punk: a me piace così, non rompo le balle a nessuno e se non ti piace, fuck off! Però poi mi rendo conto che non é soddisfacente e allora ho interpretato a mio favore alcune massime della saggezza orientale.
Questi aforismi in forme molto eleganti sostengono che l’importante non é il fine dei tuoi sforzi ma la passione che ci metti nel raggiungerlo. Un esempio tra tutti, la precisione nella cura dei bonsai del maestro nel film Karate Kid. Una mentalità diversa da quella occidentale, per la quale lo sforzo é giustificato solo dal valore di quello che si può raggiungere.
E’ un ragionamento molto generico che soffre di pregiudizi e notevoli semplificazioni. Spero tuttavia di essere riuscito a farmi capire. Tutti quelli che si allenano con costanza durante tutta la settimana pur essendo consapevoli di non poter vincere nemmeno la gara del paese, sicuramente avranno capito quello che voglio dire 🙂
Un’altra domanda che mi nasce é un po’ più sofisticata: “perchè Eliud Kipchoeghe si e io no?“. Tralasciamo per un momento l’aspetto professionale. Ci sono atleti di altissimo livello che interpretano la loro disciplina con tanta passione. Il primatista mondiale di maratona é un esempio. Ricordo prima di lui talenti eccezzionali come Geoffrey Mutai o Kipsang che badavano di più al conto in banca che a fare la Storia. Eliud ha una disciplina ferrea con pochi precedenti. Potrebbe portare a casa un patrimonio semplicemente presentandosi a qualche gara in giro per il mondo, correndo ad andature che per lui sono allenamenti. Invece si “limita” a preparare in maniera perfetta 2 maratone all’anno.
Ecco, per lui questo é un lavoro ma anche una passione. Milioni di runner guadagnano da vivere con altri impieghi ma hanno la stessa passione. La stessa identica passione per la corsa. La passione che ci mette Eliud ha più valore di quella di uno qualunque di loro? Sui risultati, sulla bellezza della corsa non c’è confronto, ma per quanto riguarda l’impegno, posso ammirare Eliud e biasimare chi prova con tutto se stesso a stare sotto il muro delle due ore in mezza maratona?
In conclusione: mi autoassolvo. Trovo sensato utilizzare capolavori della musica per motivarsi anche per attività effimere ed inutili, come lo sport amatoriale. Ha senso credere che il nostro insignificante obiettivo agonistico merti l’impegno che ci mettiamo. L’importante, però, é che ci crediamo riservatamente. Quando si esagera nel condividere con gli altri l’importanza delle proprie gesta atletiche, autocelebrandosi, si cade innevitabilmente nel ricolo. A meno di essere Eliud Kipchoeghe.
Niente paura, appena torno a correre mi farò meno domande 🙂