Come ho spiegato in un post precedente, l’immagine seguente mi ha suggerito che l’ampiezza della falcata sia correlata alla prestazione in maratona e alla tenuta alla distanza.
Sembra che io sia più efficente se lavoro di potenza con falcate ampie invece di agilità con passi corti e più rapidi.
A sostegno di questa ipotesi c’è che l’evidenza delle maratone corse sotto le 3 ore dal 2012 e il 2019. Non per tutte ho i dati di cadenza e lunghezza del passo, perchè non avevo il Garmin con queste statistiche. Nelle gare più recenti avevo sempre una cadenza attorno a 175 ppm e lunghezza sopra i 140 cm. Dopo i 2 anni di pandemia che mi hanno visto correre poco per alcuni infortuni, sono ritornato ad una cadenza di gara pressochè identica, ma con una decina di cm in meno della lunghezza del passo. Questo potrebbe dipendere da tre fattori: aumento di peso, perdita di forza, perdità di efficienza meccanica. Per il primo punto sto cercando di rimediare. Con la giusta pazienza tornerò ad avere un peso adeguato. Per il terzo punto credo di aver lavorato molto sulla reattività dei piedi, con buon risultato. Molto meno sul range of motion delle anche. Devo aumentare la mobilità del mio bacino.
Il secondo fattore invece merita una riflessione più approfondita. Ho poca forza nelle gambe rispetto a qualche anno fa. Un motivo é senz’altro l’età, ma voglio fare finta che non esista. Quanto influisca non mi interessa in questo momento. Se da un lato può fornire una spiegazione, dall’altro non si può fare niente. Quindi per ora la voglio ignorare.
Faccio molti meno allenamenti in salita rispetto ad anni fa. Vicino a casa non ho neanche un cavalcavia serio. Posso sfruttareal massimo rampe di 50 metri. A mezz’ora di auto ci sono colline, ma non possono permettermi con costanza un’ora di trasferimento. In un’ora faccio una decina di km a piedi. Mi sono illuso che bastasse qualche esercizio di squat con pesi, ma sembra che non sia sufficiente, o forse deve essere accompagnato con qualcosa di più dinamico, che coinvolga anche il sistema nervoso.
Quando mi allenavo al lavoro sfruttavo un cavalcavia e le gradinate dello stadio. Forse erano poche, ma in ogni caso mantenevano attiva la forza.
Prima risoluzione da mettere a verbale: bisogna trovare il modo e il tempo di correre in salita, sia sprint che collinari. E’ essenziale. Anche Circuit Training che abbina esercizi di forza resistente e corsa può essere utile.
C’è però un aspetto fondamentale che vorrei cambiare. Riguarda la corsa lenta. Quando mi allenavo in pausa pranzo al lavoro o prima di iniziare alle 8 di mattina, avevo i minuti contati. Per forza di cose ero spinto a correre anche la corsa lenta il più veloce possibile. Dalla pandemia lavoro da casa ed é più facile gestire il lavoro e la corsa e quindi posso permettermi di correre più lentamente i miei … lenti.
Forse questo non mi fa bene. Accorcia il mio passo. Le sessioni impegnative non sono in grado da sole di dare lo stimolo per riprendere un movimento in spinta. Per anni ho pensato che avendo più tempo potevo correre gli allenamenti in modo più “polarizzato”, cioè permettermi di fare i lenti in modo più riposante per poi essere in grado di correre veloce le ripetute. Sono sicuro che questa idea va bene per molti, ma ho il sospetto che non sia adatta a me. Se corro piano il lento corro piano anche le ripetute. Forse perchè sono un corridore di potenza e non di resistenza e quindi devo allenare le fibre veloci dei muscoli a resitere. Le fibre lente non bastano. Nel diario avevo segnato nel 2019 delle corse lente (150 bpm) a 4’15″/Km, con cadenza poco superiore a 170. Questo si può avere solo con un passo esteso.
Seconda risoluzione da mettere a verbale: devo cercare di sfruttare l’ampiezza anche nelle corse lente. Il movimento deve essere facile, la frequenza cardiaca dovrà restare sotto 150, ma non devo “tagliare il passo” per paura di stancarmi muscolarmente. Dovrò sempre pensare di avanzare col ginocchio per poter far scendere con forza il piede a terra.
Fra sei mesi ne riparliamo.